I nostri giorni con Anna by Theo Coster

I nostri giorni con Anna by Theo Coster

autore:Theo Coster [Coster, Theo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2012-09-14T22:00:00+00:00


Nascosta in mezzo ai boschi

Quello che mi colpisce, più di quanto mi aspettassi, è come ognuno di noi abbia vissuto la guerra in modo diverso, facendo esperienze incredibilmente differenti le une dalle altre. Non ho ancora avuto modo di parlare con Lenie Duyzend, ma da quanto ho potuto capire dalle conversazioni con Nanette, lei, durante la guerra, deve essersi nascosta nei boschi.

Il giorno dopo mi trovo con lei in riva all’Amstel, sull’Amsteldijk. I suoi capelli neri sfoggiano una buona messa in piega, il vento vi fa poca presa. Abbiamo una discreta vista sull’Utrechtsebrug. Di tanto in tanto un’imbarcazione scivola lungo l’acqua sottostante.

Lenie racconta che da bambina girava spesso in bicicletta da queste parti.

«Con Anna Frank e alcuni compagni di classe, qualche volta d’inverno, siamo andati a pattinare dalle sue parti» dice. «Non qui sull’Amstel, ma in quello che oggi si chiama Rivierenbuurt. Anche Hannah, Jacqueline e Nanette ci sono state di sicuro.»

«Cosa ricordi di quel periodo in cui ti vedevi con Anna Frank? Cosa ricordi di lei?»

«Be’, ci siamo fatte un sacco di risate. Lei stava davanti in classe, a sinistra vicino alla finestra – almeno così ricordo. Anche gli insegnanti ridevano molto con lei. All’inizio pensavo che fosse solo una ragazza simpatica, ma poi mi è sembrata davvero speciale. Spiccava in qualche modo, mentre i primi tempi si confondeva un po’ nell’insieme della classe. Anche tu e Albert mi avevate colpito. Nel complesso la nostra era una classe molto piacevole. Come ha già detto Jacqueline: da quel quaderno di poesia appare evidente che non avevamo idea di cosa ci aspettasse, di quali piani fossero stati predisposti. Pensavo che saremmo rimasti lì in quella scuola finché la guerra non fosse finita. È solo una situazione temporanea, pensavo. Poi tornerà tutto alla normalità.»

«Ricordi ancora qual è stata la prima limitazione che ti hanno imposto?»

Lenie non deve pensarci molto prima di rispondere. «La prima è stata quando ci hanno obbligati a portare quella stella addosso. A quel tempo gli ebrei non potevano entrare in determinati posti e bisognava fare la spesa in certi luoghi e a ore stabilite. Quei provvedimenti non erano in vigore prima che ci constringessero a portare la stella.

«Forse abbiamo dovuto consegnare le radio, ma non me lo ricordo. Poi è stata introdotta la nuova carta d’identità – doveva essere il 1941. Mi sembra che non potevamo più nemmeno andare in bicicletta, perché ricordo che andavo sempre a scuola a piedi insieme a un’amica. E non potevo più prendere il tram. Ma le prime vere limitazioni le ho subite solo quando sono stata costretta a nascondermi. Siccome si vedeva dall’aspetto che ero ebrea, dovevo restare davvero rinchiusa. Questa sì che era una grande limitazione. La mia clandestinità è iniziata in maniera del tutto inaspettata, un giorno qualunque della settimana, verso la fine di maggio. Eravamo in tre, io e i miei genitori. Siamo andati insieme a un indirizzo in Beethovenstraat. I miei genitori sono rimasti lì, mentre io sono stata portata dietro l’angolo in un posto in Stadionkade dove ho passato la notte.



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